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Once I Was

Once I Was
di robi
lunedì 16 gennaio 2017

Oltre la storia di Tim e Jeff Buckley

Una storia che lascia  graffi sull' anima cosi come una puntina rovinata solca sgraziatamente il vinile della loro musica

Uno spettacolo scritto, diretto e interpretato da
Francesco Meoni

Con
Vincenzo Marti (voce e chitarra)
Mario Caporilli / Giuseppe Panico (tromba)
Danilo Valentini (chitarra)
Alberto Caneva (basso)
Rocco Teora / Salvatore Caruso (batteria e percussioni)

Disegno luci: Giuseppe Filipponio
Fonico: Peppe Di Lascio
Proiezioni grafiche: AC Videomakers

Una produzione Società per Attori

TEATRO DUE ROMA
Vicolo Due Macelli 37 – Roma 
06 6788259

Orari: da martedì a sabato ore 21 - domenica ore 18


Tim Jeff Buckley: un padre e un figlio, che condivisero troppo poco tempo insieme ma molto tragico destino. Questa è la vita ma anche la trama narrativa di ONCE I WAS, lo spettacolo di teatro e musica concepito, scritto, diretto e interpretato da Francesco Meoni che parte dalla storia dei due musicisti americani, vissuti tra gli anni 60 e 90, per indagare il loro mancato rapporto padre-figlio e che sarà in scena, per la terza volta in seguito allo straordinario successo di pubblica e critica riscontrati, a Roma dal 20 al 29 gennaio. Scenario di questa performance unica nel suo genere sarà questa volta un nuovo spazio, il Teatro Due.
Si tratta di un excursus poetico che alterna la storia delle vicissitudini personali dei due artisti alle loro carriere percorrendo un binario che, se nella loro sfortunata esperienza raramente si incrociò, sul palcoscenico è messo in prima linea. Tra recitazione e musica, la performance è accompagnata dal vivo da un organico di validi musicisti: Vincenzo Marti (voce e chitarra), Mario Caporilli e Giuseppe Panico (tromba), Danilo Valentini (chitarra); Alberto Caneva (basso), Rocco Teora e Salvatore Caruso (batteria).
Un linguaggio unico nella quale gli spunti sonori degli hits dei Buckley (da I Never Asked to Be Your Mountain e Once I Was di Tim a Grace e la reinterpretazione di Halleluyah di Jeff) lasciano spazio ad una confluenza ininterrotta di note,  parole,  sentimenti ed emozioni nel quale la trama emotiva delineata dalla necessità di dire o dall’urgenza di spiegare le ragioni della solitudine o delle incomprensioni generate si fa tessitura di uno spettacolo psicologicamente complesso ma che ben contestualizza anche le radici e sviluppi di un pezzo della storia rock americana.

 

Hanno detto dello spettacolo:

Francesco Meoni scrive e interpreta, racconta e si dimena, beve come una spugna e canta i pezzi di Tim ("Song to the Siren", "I Never Asked to Be Your Mountain", "Once I Was"), mette su vecchi vinili, ci strattona e ci sbatte sul saliscendi di questa doppia parabola musicale, vibrante, senza eguali, magnifica pur nella sua drammatica eco. Ad assecondarlo c'è il contrappunto fedele di una band di cinque, chitarre elettriche da anni d'oro del rock, una tromba in sordina dolorosa come un lamento, basso, batteria e la voce angelica di Vincenzo Marti a rifare i pezzi di Jeff (su tutti la cover di "Calling You").
(Gabriele Guerra, "Freequency")

La storia singolare è di padre e figlio musicisti, entrambi scomparsi intorno ai trent’anni, il protagonista ha interpretato il padre non da attore, ma è stato come se un Tim Buckley redivivo, fosse tornato su questa terra per raccontare e spiegare la versione della storia della sua vita. Meoni, ricco di energia e passione, è riuscito a materializzare l’inadeguatezza di questo musicista innovativo che non voleva piacere al pubblico a tutti i costi ma solo “cavalcare la bellezza della spontaneità”.
(Bianca Coppola Melon, "Gufetto magazine")

(...) Vincenzo Marti che interpreta Jeff è impressionante, vuoi  per la capacità di replicare certe sfumature della voce di  Buckley figlio, vuoi per la padronanza chitarristica, ben coadiuvata dal gruppo. Il cortocircuito di testi e la vita reale è sorprendente, con l'aggiunta di brani (in parte "romanzati") dal diario di Jeff che trafiggono per sincerità e lucidità. 
(Guido Chiesa)

Struggente, malinconico, riverberante. "Once I Was" di Francesco Meoni è uno spettacolo che davvero – passo dopo passo, nota dopo nota, parola dopo parola – riesce a insidiarsi felpato nelle viscere dell’anima, e poi da lì esplodere in un violento vortice di sensazioni e di sentimenti. Di emozioni. Vissute (forse non da tutti) e rivisitate dall’ammaliato
spettatore (come per magia, grazie a questa incisiva narrazione scenica) tramite il geniale circuito che il regista interprete ha così spontaneamente saputo costruire, per poi andarsi a tramutare in suo severo ma sensibile testimone. E messaggero.
(Daniele De Vivo, "Il Paroliere")

È questo il teatro che si dovrebbe sostenere, il teatro delle idee innovative, il teatro recitato quasi alla perfezione, il teatro di divulgazione culturale, il teatro dell’emozione; questo spettacolo entra nell’anima, la riempie, la fa soffrire e la commuove. Solo assistendo alle repliche potrete capirne il “sottobosco” che si cela dietro la sua lettura superficiale.
Perché la pièce va oltre: oltre tutte le aspettative, oltre la bellezza di quelle canzoni, oltre la bravura di Francesco Meoni e, soprattutto, oltre una semplice rappresentazione di una storia che va vista con gli occhi ma ascoltata con il cuore.
(Chiara Parisi, "Open Mag")

Parole che si intrecciano in un racconto sonoro di uno spettacolo ben costruito, vissuto intensamente dagli interpreti, in cui tutto si amalgama fluidamente.
(Simona Ventura, "Persinsala")


Francesco Meoni debutta nel ‘90 con Turi Ferro nel Malato Immaginario di Molière, spettacolo di successo che lo porta in giro nei maggiori teatri d'Italia. Nel teatro ufficiale si cimenta in classici quali Otello regia di Lavia con Orsini e Branciaroli, in Chicchignola di Petrolini, con  Scaccia, Re pescatore con Brogi regia Zanussi e interpreta nei Menecmi di Plauto al teatro greco di Segesta il doppio ruolo dei Menecmi. Ancora in tournée con la ditta Dapporto-Monti con Plaza suite di N. Simon, e sempre con la Monti in Margherita e il Gallo, nel frattempo alterna il teatro ufficiale alle cantine, dove partecipa al Calapranzi di Pinter, Notturno di donna con ospiti di Ruccello,  I Blues di Williams, e sempre nell'ambito del teatro-off manifesta il suo interesse per il teatro di impegno civile con uno spettacolo sui desaparecidos: Tango, per la giornata della memoria interpreta  La morte di Ivan Iilic di Tolstoj a cura di P. Castagna.
Ricca di partecipazioni sua presenza nelle fiction: dal Maresciallo Rocca a Distretto di Polizia da Incantesimo ai Cesaroni, da Ris alla Squadra, da Casa Vianello a Finalmente soli, oltre a diversi tv-movie per Rai Uno: Soldati di pace, Posso chiamarti amore, L’Ultima Frontiera, Mal’aria. Nel cinema segnaliamo RDF dove interpretava uno dei due fratelli protagonisti della storia, La vita per un'altra volta, regia Astuti e Hotel Meina per la regia  di Carlo  Lizzani. Da anni lavora inoltre come doppiatore di cinema, televisione, cartoni animati e multimedia, e collabora come attore radiofonico negli sceneggiati di Radio Rai. 

www.francescomeoni.it

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